Caravaggio. Luci e ombre di un artista maledetto by Massimo Centini

Caravaggio. Luci e ombre di un artista maledetto by Massimo Centini

autore:Massimo Centini [Centini, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2024-05-14T22:00:00+00:00


Querela di Giovanni Baglione

Dalla querela del Baglione si evince che, secondo la parte offesa, il motivo di tanta veemenza dissacratoria sarebbe stata determinata dall’invidia dei querelati, i quali l’avevano definito «Gioan Bagaglia e Gian Coglione». A essere indicato quale l’artefice principale è Merisi perché, secondo Baglione, si sarebbe risentito per essere stato scartato in favore del collega-antagonista:194

Io fatto et depinto un quadro della resurretione di Nostro Signore al padre generale della Compagnia del Gesù, quale serve in cappella della chiesa del Gesù, dopo essersi scoperto detto quadro, che fu questa Pasqua di resurrezione prossima passata, li detti querelati per invidia, perché loro pretendevano, dico detto Michelangelo, pretendeva farlo lui.195

Il motivo posto alla base di tutto fu quindi la presunta invidia di Caravaggio196 che, spalleggiato da «amici ed adherenti», avrebbe colto l’occasione di diffamare Baglione «sparlando del fatto mio, con dir male di me et biasimare l’opere mie, et in particolare hanno fatto alcuni versi in mio dishonore et vituperio, et che datili et dispensatili a più diverse persone».

I versi incriminati sarebbero giunti al querelante dall’artista Tommaso Salini (1575-1625), chiamato Mao, il quale a sua volta li aveva avuti da Filippo Trisegni, evidentemente non pensava che il Salini li portasse al diretto interessato. Ma, come sappiamo, Mao aveva un conto in sospeso con Caravaggio – lo aveva aggredito e malmenato in precedenza – e quindi approfittò dell’occasione per fare la spia, ma volle anche aggiungere che tra Michelangelo e Onorio Longhi vi era una relazione omosessuale.

A quel punto Giovanni Baglione richiedeva soddisfazione querelando Caravaggio e amici citati, inoltre quanti «c’havessero tenuto mano in qualsivoglia modo ne fussero consapevoli et si trovassero colpevoli di questo fatto». A monte vi era – come già detto e come conclude il testo della querela – la consapevolezza da parte del pittore offeso che i versi diffamatori fossero determinati dall’invidia: «vedendo che le mie opere sono in consideratione più che le loro, et per verificatione di ciò potrete essaminare il detto Tommaso [Salini, nda]; et poi domando che sia astreto detto Filippo dal quale si saprà meglio il fatto d’ogni cosa, et contro di lui ancora ne do querela pretendo sia consapevole assieme con gli altri di questi versi infamatorii fatti contro di me».

Baglione, definito «vituperio della pittura» dalla combriccola dei suoi detrattori, sapeva benissimo il valore delle parole: se la reputazione era messa in discussione o direttamente denigrata, come nel caso qui descritto, ciò avrebbe avuto una ripercussione rilevante sul piano professionale, incidendo in modo pesante sulle committenze e gli incarichi. Queste, possiamo credere, erano le preoccupazioni principali del pittore romano il cui valore era stato leso in profondità.

Insomma, Baglione era proprio arrabbiato, ma c’era bisogno di scaldarsi tanto? Proviamo a leggere le poesie oggetto della diatriba. Quel che è certo è che gli autori non risparmiarono insulti e offese:

Prima poesia

Gioan Bagaglia tu non sai un ah

le tue pitture sono pituresse

volo vedere con esse

che non guadagnarai

mai una patacca

che di cotanto panno

da farti un paro di bragesse

che ad ognun mostrarai

quel che fa la cacca

porta là adunque

i



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